Dai pascoli dell’Alto Sannio alle valli del Tammaro, i formaggi raccontano una tradizione secolare fatta di gesti lenti, latte crudo e stagionature naturali.
Caciocavallo, pecorino, ricotta salata e scamorza passita sono solo alcune delle eccellenze locali, prodotte ancora oggi con metodi artigianali e legame profondo con il territorio.

Nome:
Caciocavallo del Sannio (PAT – Prodotto Agroalimentare Tradizionale)

Zona di produzione:
Alto Sannio beneventano, in particolare nei comuni di Castelfranco in Miscano, San Giorgio la Molara, Morcone, Colle Sannita e zone limitrofe dell’Appennino sannita.

Materie prime:
Latte vaccino intero, tradizionalmente crudo o termizzato, proveniente da razze locali come Bruna Alpina, Podolica o Pezzata Rossa.

Caratteristiche organolettiche:
Formaggio a pasta filata, dalla classica forma a pera con testina.
Crosta liscia, sottile, di colore paglierino chiaro che diventa più scuro con la stagionatura.
Pasta compatta, color avorio, con occhiatura fine e diffusa.
Sapore dolce e delicato da giovane, più deciso e leggermente piccante nelle versioni stagionate.

Stagionatura:
Minimo 2-3 mesi, fino a 12-24 mesi nelle versioni più pregiate.
Le forme vengono tradizionalmente legate a coppie e appese “a cavallo” di pertiche per l’asciugatura.

Utilizzo e abbinamenti:
Da gustare al naturale, accompagnato da pane e vino rosso, oppure “impiccato” sulla brace per fondere la parte esterna.
Ottimo con miele, marmellate o fichi secchi.
Si abbina bene ad Aglianico del Taburno o altri rossi corposi del territorio.

Curiosità:
Il nome “caciocavallo” deriva proprio dal metodo di stagionatura, che prevede di appendere il formaggio “a cavallo” di travi o pertiche.
Il Caciocavallo del Sannio è uno dei più antichi formaggi a pasta filata del Sud Italia, simbolo dell’identità pastorale dell’Alto Sannio.

Territori e produttori:
Castelfranco in Miscano, San Marco dei Cavoti, San Giorgio la Molara, Fragneto Monforte.
Presenti aziende casearie artigianali che ancora lo producono secondo metodi tradizionali.

Nome:
Manteca del Sannio

Zona di produzione:
Aree montane e rurali dell’Alto Sannio, in particolare nei comuni di Castelfranco in Miscano, Colle Sannita, San Bartolomeo in Galdo, Morcone, Santa Croce del Sannio.

Materie prime:
Latte vaccino intero per la pasta filata esterna; burro (tradizionalmente prodotto da panna di latte vaccino) come ripieno interno.

Caratteristiche organolettiche:
Forma sferica o leggermente ovale, con crosta liscia e sottile.
La pasta esterna è quella tipica del caciocavallo giovane, mentre all’interno si trova un cuore di burro giallo paglierino, morbido e profumato.
Al taglio, il burro è visibile in sezione come un nucleo centrale.

Stagionatura:
Circa 15–30 giorni.
La forma viene appesa in locali freschi e asciutti per asciugarsi e rassodarsi.

Utilizzo e abbinamenti:
Il burro interno viene usato **spalmato sul pane**, per cucinare o condire paste e risotti.
La parte esterna può essere consumata come un caciocavallo fresco.
Ottima con pane di grano duro, miele, conserve di frutta o pomodori secchi.

Curiosità:
La manteca è nata come **sistema di conservazione del burro**, protetto da una copertura di pasta filata.
Diffusa un tempo tra pastori e famiglie contadine, oggi è rara e prodotta da pochi caseifici artigianali del Sannio.

Territori e produttori:
Alto Sannio (Castelfranco in Miscano, Colle Sannita, Morcone).
Talvolta presente in fiere e mercatini tradizionali come prodotto d’eccellenza.

Nome:
Pecorino del Sannio

Zona di produzione:
Aree interne e montane della provincia di Benevento, in particolare nella Valle del Fortore, Valle Telesina, Castelfranco in Miscano, Morcone, Santa Croce del Sannio.

Materie prime:
Latte ovino intero, prevalentemente da razze locali o miste (Sarda, Comisana), alimentate al pascolo e con foraggi autoctoni.

Caratteristiche organolettiche:
Formaggio a pasta dura o semidura, di forma cilindrica. Crosta dura e giallo-bruna, pasta compatta di colore paglierino.
Il sapore è deciso e saporito, con intensità crescente in base alla stagionatura.
Può presentare aromi di erba secca, fieno, latte cotto, e una piacevole piccantezza nei formati stagionati.

Stagionatura:
Da 2 a oltre 12 mesi, in ambienti freschi e ventilati, spesso su assi di legno.
Le forme vengono trattate periodicamente con olio o aceto per proteggerle.

Utilizzo e abbinamenti:
Ottimo da tavola o grattugiato.
Perfetto con pane casereccio, miele di castagno, marmellate di fichi, oppure con un bicchiere di Aglianico o un rosso strutturato del Sannio.

Curiosità:
Il Pecorino del Sannio è riconosciuto come Prodotto Agroalimentare Tradizionale (PAT).
Viene ancora oggi prodotto con metodi artigianali, tramandati da generazioni di pastori locali.
Alcune aziende stanno rivalutando le versioni da latte crudo o biologico.

Territori e produttori:
Valle del Fortore, Castelfranco in Miscano, Santa Croce del Sannio, Morcone.
Presente in agriturismi, mercati contadini e fiere gastronomiche della provincia.

Nome:
Ricotta salata del Sannio

Zona di produzione:
Prodotta nelle aree interne e montane del Sannio, in particolare nei comuni di Colle Sannita, Morcone, Castelfranco in Miscano, Santa Croce del Sannio, Baselice.

Materie prime:
Siero di latte ovino o misto (ovino e vaccino), proveniente da allevamenti locali, con eventuale aggiunta di latte intero.

Caratteristiche organolettiche:
Forma cilindrica, superficie bianca o paglierina, con crosta sottile e pasta compatta ma friabile.
Al gusto è sapida, asciutta, con aroma lattico persistente e talvolta leggermente affumicato (nelle versioni tradizionali).

Stagionatura:
Dai 15 giorni ai 2 mesi, in ambienti freschi e ben ventilati.
Le forme vengono salate a secco e rivoltate quotidianamente.

Utilizzo e abbinamenti:
Utilizzata soprattutto **grattugiata su paste, zuppe di legumi, minestre** e piatti rustici della cucina sannita.
Ottima anche a scaglie su verdure grigliate o insalate di pomodori.

Curiosità:
Prodotto povero ma prezioso, nato per **non sprecare il siero** derivante dalla produzione del pecorino.
La versione affumicata si otteneva esponendo la ricotta alla brace del camino.
Oggi è ancora presente nei mercati contadini e nelle fiere tradizionali.

Territori e produttori:
Comuni dell’Alto Sannio e dell’area del Fortore.
Ancora oggi prodotta da piccoli allevatori e agriturismi che seguono metodi tradizionali.

Nome:
Scamorza passita del Sannio

Zona di produzione:
Diffusa in tutta la provincia di Benevento, con particolare tradizione nei comuni di Guardia Sanframondi, Castelvenere, Solopaca, Cerreto Sannita, e in aree dell’Alto Sannio.

Materie prime:
Latte vaccino intero, pastorizzato o crudo, proveniente da allevamenti locali.

Caratteristiche organolettiche:
Formaggio a pasta filata, di piccola pezzatura e forma tondeggiante o piriforme.
Crosta sottile e giallo paglierino, più secca rispetto alla scamorza fresca.
Pasta compatta, bianca o leggermente giallastra, con consistenza elastica.
Sapore delicato ma più concentrato e saporito rispetto alla versione fresca, con leggere note affumicate (se prevista).

Stagionatura:
Da 4 a 15 giorni, appesa in ambienti ventilati o cantine naturali.
La forma viene legata a coppia o singolarmente con spago.

Utilizzo e abbinamenti:
Ottima al naturale o leggermente riscaldata in padella, alla griglia o sulla brace.
Si abbina bene a pane di grano duro, verdure grigliate, miele, o come farcitura in piatti rustici.
Da gustare con un bicchiere di Falanghina del Sannio o di rosato secco.

Curiosità:
Il termine “scamorza” deriva da “scamozzare”, ovvero togliere parte della pasta filata, creando la classica forma con testina.
La versione “passita” è un’evoluzione della scamorza fresca, molto apprezzata per la maggiore intensità di sapore.

Territori e produttori:
Valle Telesina, area del Taburno, Alto Sannio.
Diffusa sia in piccole aziende agricole che in caseifici artigianali locali.

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